Quale sviluppo per il Sud del mondo? L’intervento di una Organizzazione non governativa in Ecuador

Tesi di dottorato di Lorenzo Nasi

Dottorato di ricerca in Sociologia e sistemi politici (XVI ciclo)

Università: Università degli Studi di Parma

Relatore: Prof. Giuseppe Scidà

Coordinatore: Prof. Nicola Antonetti

In questi ultimi anni, tra gli attori della cooperazione allo sviluppo, dai donatori alle principali agenzie di cooperazione, incluse numerose Organizzazioni non governative (Ong), si sta diffondendo la necessità di riflettere sull’importanza di una ridefinizione delle finalità e delle metodologie relative all’aiuto allo sviluppo.

L’esigenza di inserire tale aiuto all’interno di una dimensione strategica globale orientata verso l’obiettivo della riduzione della povertà, rappresenta senza dubbio, nonostante la varietà dei punti di vista presenti nel dibattito, il denominatore comune e il punto di partenza di questa nuova riflessione.

Nella consapevolezza che nessuna singola iniziativa di cooperazione sia in grado da sola di intaccare i meccanismi e le dinamiche generali legate alla povertà, appare oggi fondamentale la volontà delle Ong di inserire i propri progetti e realizzazioni specifiche (sia di carattere emergenziale che di sviluppo) in un contesto di politiche e strategie globali.

Alla luce di queste considerazioni, risulta pertanto primaria la tematica del “valore aggiunto” dei vari soggetti della cooperazione internazionale e dei progetti da essi messi in opera. Un “valore aggiunto” che rappresenta in questo caso lo specifico contributo, in termini qualitativi e quantitativi, garantito dai differenti soggetti alla definizione e alla realizzazione di politiche globali. È all'interno di questo contesto quindi che si inserisce il tema della valutazione, la cui funzione “dovrebbe essere quella di analizzare e di conseguenza correggere il contributo assicurato dai progetti alle strategie e da queste al superamento di emergenze o allo sviluppo di singoli Paesi”.

Un processo, quello della valutazione, che rappresenta una vera e propria necessità all’interno della cooperazione allo sviluppo: in un periodo caratterizzato da critiche, dubbi ma anche da superficiali generalizzazioni riguardo alle reali finalità, al rigore e all’impatto dei programmi di cooperazione, l’analisi relativa ai risultati e ai benefici indotti dai progetti, oltre che alla loro rilevanza rispetto ai problemi dei singoli Paesi e delle singole aree nei quali si svolgono, non può che essere utile per consolidare la trasparenza tecnica, economica e operativa della cooperazione allo sviluppo e degli stessi interventi umanitari.

Sussiste tutt’oggi un’estesa propensione, da parte dell’opinione pubblica, a contrassegnare come del tutto inefficaci, gestiti in modo inefficiente e quindi sostanzialmente inutili, le azioni rivolte a fornire un aiuto umanitario o sostenere percorsi di riabilitazione e di sviluppo.

Non si vuole certo difendere a spada tratta il complesso sistema della cooperazione, ma allo stesso tempo è opportuno affermare come molto spesso le analisi sull’importanza e l’impatto dei programmi di cooperazione vengono realizzate in modo del tutto slegato e astratto rispetto ad una conoscenza reale e analitica dei risultati ai quali essi pervengono.

Si tratta quindi di consentire alla stessa opinione pubblica, o per lo meno a quei settori più “vicini”, attenti e interessati a queste tematiche, di operare le necessarie distinzioni e di disporre di conoscenze adeguate e certe relative ai risultati dei progetti realizzati nei Paesi in via di sviluppo.

Il solo modo quindi, affinché la credibilità di tutto il sistema della cooperazione possa continuare ad essere tutelata, è valutare i programmi, rendere pubblici e trasparenti i risultati e, sulla base di tali processi, fare scelte rigorose.

Alla luce degli innumerevoli drammi umanitari che caratterizzano vaste zone del pianeta, il principale rischio che corre l’intero sistema della cooperazione è che i suoi strumenti vengano percepiti come inutili, ampiamente superati e di scarso impatto. Al contrario, risulta di fondamentale importanza sottolineare come gli strumenti messi in campo (i progetti e lo stesso aiuto umanitario o per lo sviluppo) siano ancora attuali anche se non pienamente utilizzati al meglio, soprattutto perché ancora non vengono fatti tutti gli sforzi necessari per valutarne singolarmente l’impatto concreto.

Contemporaneamente la nebbia che continua a permanere intorno agli scopi e ai risultati ottenibili attraverso la cooperazione, può incrementare da un lato un ulteriore scetticismo o dall’altro un aumento delle aspettative.

Si può di conseguenza affermare come la cooperazione serva ma non sia sufficiente. Serve e può servire a sostenere politiche generali dirette verso la riduzione della povertà e lo sviluppo di processi di partecipazione, ma non può da sola, invertire la crescita della disuguaglianza a livello globale, né risolvere situazioni di crisi difficili e intricate.

Per fare ciò occorre però che la stessa cooperazione abbia una maggiore coerenza al proprio interno, per quello che riguarda quindi le scelte, i criteri di approvazione dei programmi e dei progetti e di distribuzione delle risorse. In questo senso, il tema della valutazione rappresenta un ambito fondamentale: quali sono le basi su cui compiere scelte, in mancanza di processi valutativi su quanto è stato fatto, o quanto si sta facendo?

La valutazione quindi se condotta con rigore, condivisione e motivazione rappresenta un fondamentale strumento che la cooperazione allo sviluppo ha a disposizione, non solo per pubblicizzare e rendere trasparenti i propri interventi, ma anche e soprattutto per correggere e di conseguenza migliorare a più livelli il proprio agire finalizzato all’obiettivo ambizioso, ma eticamente imprescindibile di ridurre la povertà.

Il tentativo di questo lavoro è stato quello quindi di cercare di capire e spiegare, nella maniera più chiara e esaustiva possibile, le dinamiche che spingono la realizzazione di un progetto di sviluppo rurale e analizzare nella sua fase intermedia (in itinere), se la strada percorsa è quella giusta per la realizzazione degli obiettivi prefissati.

Il progetto preso in esame è realizzato dall’associazione Ucodep (Unità e Cooperazione per lo sviluppo dei popoli) di Arezzo (www.ucodep.org) un’Organizzazione non governativa, impegnata da anni sul fronte della cooperazione allo sviluppo, in particolar modo nell’area latinoamericana. L’aera di intervento del progetto è quella delle comunità indigene rurali dell’Ecuador. Per quanto riguarda la pianificazione della valutazione il primo passo è consistito nel definire insieme al responsabile cooperante, l’oggetto della valutazione, accertare quindi la “valutabilità” del progetto stesso. Per fare ciò, attraverso sia un’intervista al responsabile che all’analisi documentaria di tutto il materiale relativo a progetto, si è “costruito” uno schema, capace di definire l’articolazione interna del progetto di cooperazione nelle sue diverse componenti.

Le componenti del progetto sono state quindi suddivise in tre settori (Produzione, Documentazione, Formazione), ciascuno dei quali articolato in una serie di attività specifiche. Successivamente, prima di passare alla raccolta dei dati e quindi al lavoro nel campo, è stato elaborato un ulteriore modello nel quale si è specificato ciò che si intendeva fare.

Bisognava capire infatti in che misura l’eventuale riuscita del progetto fosse attribuibile alla presenza del personale cooperante o ad un’azione sostenibile di cambiamento del progetto stesso. Occorreva inoltre verificare la capacità del progetto di realizzare gli obiettivi prefissati nella misura maggiore, adattando i mezzi a nuovi obiettivi in caso di imprevisti. I criteri seguiti per la valutazione sono stati tre. In primo luogo il criterio della “pertinenza”, nel senso della correttezza dell’impostazione iniziale del progetto, dei suoi assunti di validità rispetto al contesto socio-economico e culturale locale e ai bisogni accertati come prioritari. In secondo luogo, il criterio di “efficacia”, inteso in questo caso come accertamento della validità delle azioni tese al raggiungimento degli obiettivi. Infine il criterio della “sostenibilità” (verificabile anche questo solo in misura parziale), che riguarda i possibili primi effetti e le eventuali trasformazioni più ampie e sostenibili sulla popolazione.

Dopo l’elaborazione del modello documentario e l’individuazione dei rispettivi criteri per la valutazione, il passo successivo è consistito nel definire quelle che sono state le tecniche e le metodologie utilizzate per la raccolta dei dati. Tenendo conto quindi delle caratteristiche di ciascuna metodologia e in particolar modo delle peculiarità e delle problematiche dell’oggetto da valutare, rispetto all’alternativa tra una metodologia quantitativa e una metodologia qualitativa, la tendenza è stata quella di seguire un utilizzo di metodologie multiple. Un mix di dati qualitativi e quantitativi per meglio adattare in maniera flessibile il percorso della ricerca con le necessità e le particolarità dei vari settori da valutare.

Intrapresa quindi la scelta, il processo di valutazione è proseguito poi nella raccolta delle informazioni, nell’elaborazione dei dati ottenuti e nel loro utilizzo conclusivo. Per ottenere una maggiore disponibilità di informazioni e di dati si è fatto quindi ricorso da un lato a fonti della amministrazione cantonale, regionale e nazionale (censimenti della popolazione, ricerche sullo sviluppo rurale del territorio, analisi sulla situazione economica e sociale locale, report sulle condizioni sanitarie, etc.), dall’altro a fonti provenienti da istituti di ricerca e di studio in merito all’area del progetto, oltre che ai dati delle grandi agenzie internazionali riferiti al Paese in esame (Undp, World Bank, Ifad, Cepal, World food program, Fondo monetario internazionale).

Molto importanti sono risultate le informazioni ottenute attraverso l’utilizzo e la rielaborazione dei dati del monitoraggio raccolti dall’équipe tecnica del progetto durante le loro missioni all’interno delle comunità, oltre che quelli ricavati da un’analisi dei registri del centro di commercializzazione istituito dal progetto.

Alla grande quantità di informazioni ricavabili quindi da una documentazione generale e specifica, è stato necessario aggiungere tutta una serie di dati specifici ottenuti da un lavoro diretto sul campo. Oltre infatti ad un’importante osservazione diretta, è stato necessario utilizzare una serie di strumenti diversi, dall’intervista al questionario. L’utilizzo del questionario ci è sembrata la tecnica più adatta a rilevare un primo possibile miglioramento nella qualità di vita della popolazione investita dal progetto.

La scelta del campione è stata quindi una scelta ragionata sottoponendo direttamente il questionario sia a coloro che hanno beneficiato dell’attività di microcredito, sia ad un gruppo di controllo composto da soggetti non investiti dal progetto. In particolar modo è stata utilizzata una tecnica particolare (la cosiddetta analisi Foda), uno strumento che offre un quadro permettendo l’analisi e/o la valutazione collettiva dei problemi. Attraverso questa metodologia vengono utilizzate quattro categorie, (punti di forza, debolezze, opportunità e minacce), per esaminare, definire, dibattere e registrare le proprie opinioni in merito ad un particolare tema proposto. Un tipo di azione particolarmente adatta nel campo della cooperazione e soprattutto utile per un migliore approccio con i campesiños perché facilita la riflessione e stimola l’intervento senza nessun tipo di timore.

La stessa analisi, per il ruolo strategico che ricoprono all’interno del progetto, è stata effettuata anche con i promotori e i tecnici locali.

 Note biografiche sull’autore

Lorenzo Nasi nato ad Arezzo il 12 dicembre 1974, si è laureato in Scienze politiche nel 2000 presso l’Università degli studi di Siena con una tesi in Sociologia dal titolo Tunibamba. L’utopia di uno sviluppo alternativo in un progetto di cooperazione allo sviluppo. Dal 2004 è assegnista di ricerca presso il Dipartimento di scienze storiche, giuridiche, politiche e sociali. Dall’anno accademico 2005-2006 è docente a contratto del corso in Sociologia dello sviluppo nel Corso di laurea specialistica in Scienze internazionali, curriculum in Scienze sociali per la cooperazione e lo sviluppo.

Tra le pubblicazioni si ricordano: il volume Alla periferia del villaggio globale. Sviluppo e valutazione nelle comunità indigene dell’Ecuador, FrancoAngeli, Milano, 2006; i saggi Organizzazioni non governative e pratiche di valutazione: modelli e tecniche, in «Studi di Sociologia», 1, 2006 e Dare credito allo sviluppo. Le potenzialità del microcredito come strategia di lotta alla povertà nelle comunità indios delle Ande, in «Sociologia Urbana e Rurale», 75, 2006.

 

nasi [at] unisi.it

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Lorenzo Nasi

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