Tesi di laurea magistrale di Marzia Paba
Corso di laurea magistrale in Scienze internazionali e diplomatiche
Scuola di Scienze politiche - Sede di Forlì
Università: Alma Mater Studiorum Università di Bologna
Relatore: prof. Loris Zanatta
Correlatore: prof. Marco Balboni
Anno accdemico: 2014-2015
Cosa significa parlare delle relazioni internazionali dell’Argentina sotto la dittatura del proceso de reorganización nacional (Prn)?
Avvalendosi della letteratura esistente e dei documenti ufficiali prodotti dal regime, dalle diplomazie argentina e statunitense, dall’Organizzazione degli stati americani e dalle Nazioni unite questo lavoro di tesi ha analizzato le dinamiche che stettero alla base dei rapporti con l’estero coltivati dall’ultima dittatura argentina (1976-1983), arrivando a sfatare il mito del regime autoritario quale blocco unanime. La dittatura argentina si caratterizzò piuttosto per la compresenza di anime contrastanti e contraddittorie, sulle quali si modellò un’altalenante politica estera. La triade composta da una diplomazia economica, una diplomazia militare e una diplomazia formale mosse le proprie fila contornata dalle eterne competizioni esistenti in seno alla junta militar, tra Videla e Massera prima, tra Viola e Galtieri poi. Diverse concezioni dell’economia, della posizione argentina nel contesto internazionale e dello stesso Prn furono alla base della profonda atomizzazione del regime e delle sue relazioni settennali con l’estero.
Il fulcro del primo dei quattro capitoli che costituiscono la tesi è la parcellizzazione interna al Prn. Conoscere e comprendere le diverse forze che abitarono il Prn, arrivato ai posteri come “la dittatura”, risulta essere fondamentale per destreggiarsi tra le principali tappe della storia diplomatica del proceso, le quali parvero più volte sfiorare il limite del paradosso. La dittatura si era posta l’obiettivo principale di eliminare quel “male comunista”, considerato un cancro sovversivo, generatore di disordine interno nella società argentina. Eppure questo non impedì al governo di Videla di mantenere, pragmaticamente, contatti con l’Urss, la Rpc e Cuba, rispolverando, nello stesso tempo, quella dinamica di vicinanza-lontananza che da sempre identificava le relazioni bilaterali tra l’Argentina e gli Stati Uniti.
I capitoli centrali si focalizzano sugli episodi cruciali che segnarono le scelte diplomatiche del proceso de reorganización nacional. Due elementi della psicologia processista, il “nazionalismo territorialista” e “l’interventismo occidentalista”, uniti alla necessità di ritrovare una legittimazione erosa dagli insuccessi della dittatura, furono alla base dell’intervento del Prn in America centrale, alla “quasi” guerra con il Cile e al conflitto delle Malvinas/Falkland nel 1982, ultimo colpo di coda di un progetto autoritario agonizzante. La catastrofica sconfitta del Prn fece definitivamente crollare una dittatura che aveva fallito su tutti i fronti: politico, economico, bellico. L’ultimo periodo autoritario vide il Processo attuare una repentina inversione di rotta in termini di politica estera: un regime che aveva sempre proclamato la propria appartenenza al mondo occidentale, riscopriva in quel frangente la propria natura latinoamericana e la lotta contro le potenze egemoniche. La rielaborazione del concetto di Occidente, che si tramutò nell’idea post-Malvinas di “occidentalità culturale”, riassumeva quindi il giro tercermundista della dittatura che, nel 1983, avrebbe lasciato definitivamente posto alla democrazia.
Compiendo un salto cronologico all’indietro, ossia riportando l’analisi alla prima tappa del proceso de reorganización nacional, corrispondente agli anni della presidenza democratica di Jimmy Carter, tra il 1977 e il 1981, l’ultimo capitolo propone una riflessione centrata sui diritti umani. Si giunge così a riconoscere come la violazione sistematica dei diritti umani abbia influito sulle relazioni del regime con l’estero e, in particolare, con gli Stati Uniti e con le Nazioni unite.
L’esperienza del proceso de reorganización nacional rappresentò, infatti, uno spartiacque nella linea del tempo storico e della politica estera del paese del Cono Sud. Seguendo la traiettoria di un climax ascendente, l’instabilità politica, l’incalzante inflazione, le lotte popolari in aumento, unite ad un fronte di guerriglia urbano e rurale tra i più importanti dell’America Latina, crearono le premesse per l’esplosione del periodo più buio della storia dell’Argentina.
Raggiunto l’apice della precarietà e della violenza politica nella fase immediatamente precedente e nei sette anni della dittatura, il 1982 segnò l’inizio di un percorso di cambiamento per l’Argentina e del definitivo declino delle forze armate. La sconfitta delle Malvinas/Falkland mise la parola fine a quell’esperienza dittatoriale che al fallimento economico affiancò l’imperdonabile disfatta militare, precludendosi la partecipazione alla transizione democratica. L’esito del conflitto contro la Gran Bretagna costrinse il Prn a effettuare un riposizionamento del paese nell’arena internazionale e a riformulare il suo sistema di relazioni. Il 1983 significò l’entrata dell’Argentina in nuovo ciclo democratico, in atto da oltre trent’anni, e impose al succesivo governo radicale di Raúl Alfonsín (1983-1989) una riconcettualizzazione della politica estera, ora basata sul rispetto dei diritti umani, della democrazia, delle istituzioni e della stabilità politica ed economica.
Note biografiche sull’autrice
Marzia Paba è appassionata di cultura ispanica e di America Latina. Attualmente si occupa di processi di internazionalizzazione delle Pmi italiane, con un'attenzione particolare all’area sudamericana.
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marzia.paba [at] gmail.com